martedì 18 maggio 2010

Il rovescio della Calabria.


Se percorrete la litoranea della costa ionica, a sud di Soverato, incrocerete un trenino da Far West che sfreccia (si fa per dire) tra stazioni balneari senza fascino, composte di agglomerati di case senza senso; spesso carenti di tutti quei confort che cerca un turista vacanziero. In corrispondenza di detti centri di vacanza, ci sono paesi collinari pittoreschi che prendono lo stesso nome dei centri balneari e ne costituiscono la parte vecchia del paese: Riace, Caulonia, Stignano, Badolato che sono detti “paesi di accoglienza". I vecchi centri sono pressochè svuotati di persone che hanno scelto di spostarsi al mare o sono emigrati in cerca di un lavoro più sicuro. La storia ha inizio nel 1998, quando una nave carica di 300 profughi è spinta dalle correnti al largo di Riace. Questi profughi, bisognava sfamarli, ospitarli d’urgenza nelle chiese o altri luoghi con l’aiuto della Croce Rossa. Erano soprattutto Curdi minacciati nel loro paese. In uno slancio spontaneo, i giovani del posto pensarono di aprire le case abbandonate dagli emigranti a questi nuovi migranti. Da quella iniziale gara di solidarietà è nato un vero progetto di accoglienza e reinsediamento dei rifugiati che richiedono asilo politico ed è stata anche l’occasione per salvare quei borghi dall’abbandono più totale. Proprio a Riace, la città dei bronzi, nasce l’associazione “Città futura Riace G. Puglisi” che dal 1998 sperimenta un modo nuovo di fare accoglienza agli immigrati, coinvolgendo tanti altri comuni limitrofi nel medesimo progetto. L’associazione non si limita a fornire gli alloggi: ha creato laboratori per insegnare le antiche tradizioni del paese: dalla lavorazione della ginestra al ricamo, dalla tessitura di filati all’arte antica di impagliare sedie; oltre ad una taverna ristorante dove piatti della cucina tipica calabrese convivono con pietanze etniche. Hanno intuito che il lavoro come terapia semplifica l’integrazione di persone spesso traumatizzate. Questo modo di fare accoglienza ha rilanciato ed aumentato l’offerta turistica di quei paesi, creando un indotto importante, in un contesto debole come quello calabrese. Riace è recentemente salita alla ribalta delle cronache nazionali anche grazie al noto regista tedesco Win Wenders che ha girato un cortometraggio, “il volo”, proprio su questa esperienza riacese, con attori che sono il sindaco e i bambini immigrati. Wenders ne ha parlato in modo entusiastico all’interno del X summit dei Premi Nobel per la pace, organizzato nel Municipio Rosso di Berlino, in occasione delle celebrazioni per il ventennale della caduta del muro dicendo: "La vera utopia non e' la caduta del muro, ma quello che e' stato realizzato in alcun paesi della Calabria, Riace in testa. Il vero miracolo non è qui, ma in Calabria, dove per la prima volta ho davvero visto un mondo migliore. Ho visto un paese capace di risolvere, attraverso l’accoglienza, non tanto il problema dei rifugiati, ma il proprio problema: quello di continuare a esistere, di non morire a causa dello spopolamento e dell'immigrazione. E ho voluto raccontare questa storia in un film che ha come attori i veri protagonisti". Il lavoro di Wenders sarà presentato il 21 maggio alla seconda edizione di “A-Accoglienza Riaceinfestival”, Festival delle migrazioni e delle culture locali di Riace. Il festival assume una valenza in questo particolare momento storico in cui la questione della coesistenza tra popolazioni e tradizioni culturali differenti emerge in modo sempre più marcato, soprattutto dopo i recenti fatti di Rosarno. Questa è un'iniziativa concreta che, attraverso il linguaggio universale del cinema, vuole promuovere lo scambio e la conoscenza reciproca, per contrastare forme di chiusura e razzismo e dare l’immagine di una Calabria diversa dalle cronache nere. Naturalmente tutti questi riflettori puntati su Riace non fanno piacere alla ‘ndrangheta che ha invece bisogno di omertà, di silenzio e della cappa di piombo che fa pesare sull’intera regione. Una mattina il sindaco di Riace ha trovato morto il proprio cane e quello di suo figlio e lui non s’è fatto intimidire, facendo tappezzare di murales il paesino.

Qui non si fa retorica, ma si rischia per difendere la propria dignità di uomini. ll lavoro è difficile e si regge su fragili equilibri e tutti lo sanno; ma vanno avanti ugualmente. Non resta che fare i complimenti a questa coraggiosa realtà che rappresenta il rovescio della Calabria.
Buona vita!
maestrocastello

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