martedì 16 dicembre 2008

11 luglio 1985 . Il signor Pietro.


Era un soggetto proprio singolare quel vecchio che ci era capitato per dirimpettaio nei primissimi anni di Sardegna. Già allora avrà sfiorato gli ottant’anni, ma aveva la loquela di un ventenne. La sua cultura riferiva esclusivamente di un mondo di pastori che aveva riempito tutta intera la sua vita. L’unica parentesi che lo aveva allontanato dal suo gregge risaliva alla guerra di Abissinia che sarebbe poi diventato il tema fisso di tutti i suoi discorsi.
Il signor Pietro cenava nel tardo pomeriggio e poi attendeva impaziente le ore della sera, quando noi vacanzieri vagavamo lungo le stradine del borgo marinaro di Tanaunella(Budoni), nel tentativo di far due passi prima di guadagnare il letto. Egli prontissimo ci attendeva al varco per invitarci al fresco, davanti alla sua abitazione; e praticamente ci aveva fatti prigionieri per tutta la serata.
La moglie Pasqualina, altro soggetto singolare, dal timbro nasale della voce e dall’intercalare (Miiii! ) che pronunciava spessissimo; ricordava in tutto una capretta. Questa donnetta, in abiti sempre scuri, serviva un vino dolce in bicchierini risicati che chiamava tazze e spesso dava lo spunto a Pietro per attaccar discorso. “ Eravamo nel millenovecentotrentacinque… “ attaccava e nei suoi racconti non trascurava mai nulla; ricordava particolari da paura e intanto un sigaro, quasi sempre spento, trovava posto fisso tra le sue labbra. Si concedeva qualche pausa solo per sputazzare a destra e a manca, senza alcun ritegno e noi evitavamo di guardarci, timorosi di esplodere in irrefrenabili risate.
Non c’era modo di trovare spazio in quei racconti; era capace di tirare avanti da solo per tutta la serata coi suoi trascorsi. A volte avevamo la netta sensazione che riferisse balle; ma lo faceva con tale zelo e con dovizia di particolari che ci procurava comunque divertimento.
Gli piaceva essere ascoltato : più cresceva la platea e più cresceva il suo impegno a tener banco.
Sulle prime sembrava pure originale quel modo inusuale di passar serate, seduti su sediole troppo basse, a cui, chissà perchè, avevano mozzato le gambe. Mi sembrava di ritornar ragazzo, quando pendevo dalle labbra di mia nonna che ci introduceva nel mondo incantato delle fiabe.
Le sere successive era un’impresa evitare di cadere nella trappola di Pietro che ci attendeva per attaccar comizio.
Quando le nostre assenze si facevano frequenti, lui se la prendeva a male e ci toglieva perfino il saluto. Cresceva in noi il rammarico di averlo abituato male.
Da anni ormai abbiamo intrapreso strade diverse che non vanno più in direzione della sua dimora e ce ne dispiace un po’. Di quel vecchietto abbiamo perso ormai le tracce.
Ci resta comunque il ricordo di fiumi di parole, l’odor di formaggetta, di caffè improvvisati che, nascostamente, gettavamo in giardino e di caramelle che non potevi proprio rifiutare!

O pittoresco Pietro, in una di quelle calde sere, all’ombra di sassi arroventati anche di notte, avrei anch’io voluto raccontarti la mia storia; ma tu non me ne lasciasti mai il tempo, preso com’eri a sparar cazzate!


da "Chiuso per ferie" monografia di g. castello (1996).

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