domenica 7 dicembre 2008

Che fare coi bambini rompiscatole?



In questi ultimi anni sono state avanzate proposte di anticipare lo studio della matematica alla scuola materna dai tre ai cinque anni ed alcuni docenti universitari italiani lodano gli sforzi per sviluppare la logica nei piccoli, rendendoli più mnemonici, razionali e abili. È così che oggi piacciono i bambini: attivi e concentrati, adeguati ai nuovi ritmi del mondo tecnologico e globalizzato, capaci di organizzarsi e seguire la pianificazione settimanale già a otto anni. Ma spesso nelle classi ci troviamo a fare i conti con i bambini della poesia di Prevèrt, agitati, confusi e paurosi; piccoli bulli che provano a recitare la parte, distratti, inopportuni, rompiscatole, che s’annoiano in fretta. Bambini che guardano fuori della finestra e si perdono nel rumore della strada. Nella nostra esperienza di educatori questi bambini li abbiamo sempre avuti, l’abbiamo in casa e in classe, ci hanno obbligato a guardarli, a concentrarci su di loro e a capirli, usando tutte le armi possibili: i dispetti, le provocazioni, le bugie . Ci hanno fatto perdere la pazienza, il tempo e il sonno. Bambini da recuperare e riportare a noi con la fantasia e la vivacità di una spiegazione o di un’attività che non credevano. A noi piacciono così, anche se ci litighiamo e ci stancano all’inverosimile.Eppure siamo in pochi a pensarla in questo modo! Nella nostra esperienza educativa questi bambini sono stati lo stimolo ad andare al di là delle convenzioni: per loro e con loro abbiamo dovuto sperimentare nuovi linguaggi, modi e tempi della relazione e dell’apprendimento. Loro sono stati e sono l’imprevisto, la scintilla che stimola il dibattito, il punto di vista scomodo, l’idea che non avevamo preventivato. Alla fine sono risultati di stimolo a noi stessi e al gruppo che ha sperimentato con loro rapporti schietti, veri, conditi di passione, fantasia e complicità. Forse non tutti sanno che dal febbraio 2007 è in commercio anche in Italia un antivirus, già ampiamente sperimentato nigli USA su bambini con sintomi di disattenzione, iperattività ed impulsività : il Ritalin, un metilfenidato analogo delle anfetamine. Finalmente genitori e insegnanti non dovranno più lambiccarsi il cervello per affrontare il disagio di questi bambini. Basteranno poche gocce, assunte dopo i pasti o secondo la modalità stabilita nei centri neuropsichiatrici regionali riconosciuti per l’ADHD (sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività) e questi soggetti saranno inoffensivi e mansueti, finalmente seduti, bravi, attenti. Così tutti vivremo felici e contenti. Ma attenzione! leggendo la relazione dell’Associazione per la Ricerca e Prevenzione del Cancro, apprendiamo che il Ritalin è' una vera e propria droga con effetti praticamente uguali a quelli della cocaina e delle anfetamine e con danni alla salute mentale e fisica ancora più gravi. In uno studio della DEA (ente governativo USA) si legge: “All'uso prolungato di metilfenidato sono stati associati episodi psicotici, illusioni paranoiche, allucinazioni e comportamenti anomali, simili alla tipica tossicità delle anfetamine. Sono state riportate gravi conseguenze fisiche e la possibilità di morte”. Anche senza abusi di somministrazione, gli effetti collaterali includono: “cambiamenti di pressione sanguigna, angina pectoris, perdita di peso, psicosi tossica. Durante la fase di astinenza c'è la possibilità di suicidio”. Vi pare giusto impiegare il Ritalin in Italia per una malattia contenitore denominata “sindrome da deficit di attenzione e iperattività” (ADHD), negata come patologia da numerosissimi medici e ricercatori e stigmatizzata da insegnanti, educatori, associazioni di genitori ? Vale davvero la pena mettere a repentaglio la salute fisica e mentale dei nostri bambini per problematiche che appartengono alla sfera relazionale ed educativa? Al di là delle valutazioni politiche che tralasciamo volutamente, riteniamo sia indispensabile evidenziare il netto rifiuto di una logica in cui il farmaco diventa il rimedio di tutti i mali sociali, nei bambini come negli adulti. Chiediamo quindi agli organi competenti di adoperarsi per il blocco immediato di questa commercializzazione e per il consolidamento di politiche che forniscano alle scuole mezzi, risorse e personale, nell’ottica di percorsi educativi basati sulla relazione e non sulla medicalizzazione. Con forza ci sentiamo di dire : Giù le mani dai nostri bambini!

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